Una buona annata merita una bella etichetta, che per la Selezione Ufficiale dell’Enoteca del Barolo è ormai da anni opera di un artista. A parlarne, durante la presentazione del Barolo 2015, è stato Vincenzo Sanfo, storico dell’arte.
L’artista scelto quest’anno è stato Sebastiàn, volto forse poco conosciuto in Italia, ma di grandissima importanza in Messico, sua terra d’origine, dove è diventato talmente famoso da avere una fondazione a proprio nome (che sostiene numerosi progetti artistici) e un intero museo. Sebastiàn è un artista impegnato, che insegna in diversi atenei universitari e che si è fatto conoscere con grandi sculture monumentali, moderne, geometriche e ricche di colore. Vederlo impegnato nella realizzazione di un’etichetta tuttavia non è così strano, visto che tutte le sue opere nascono prima su carta, da semplici bozzetti a veri e propri modelli in miniatura di opere pensate per essere grandissime.
«Nell’etichetta realizzata per l’Enoteca Regionale – ha spiegato Sanfo – Sebastiàn ha scelto di riprendere i colori del vino e, su uno sfondo scuro, riprodurre quelli che sono i suoi movimenti all’interno del calice. Lo ha fatto, come fa sempre, trasformando il concetto in formule matematiche, in geometrie che alludono all’idea originale».
QUEL «FIGLIO ILLEGITTIMO» DELLE NOSTRE COLLINE
L’aspetto forse più importante della cerimonia di presentazione della nuova annata è che, ad essa, si associa anche il debutto della Selezione Ufficiale dell’Enoteca Regionale. Il Barolo istituzionale è una bottiglia speciale, scelta dalla Commissione Tecnica “Armando Cordero” durante una sessione di degustazione alla cieca e, soprattutto, premiata perché ha dimostrato di essere la più rappresentativa dell’annata tra tutti i campioni inviati dalle varie cantine. Per questo viene dotata di un tappo neutro, vestita con un’etichetta d’artista e presentata al pubblico senza mai rendere noto il nome del produttore. In ogni occasione istituzionale essa dovrà rappresentare tutta la zona del Barolo, pertanto è vincolata a restare rigorosamente anonima.
Una scelta non del tutto condivisa da Carlo Petrini, a cui quella stessa bottiglia è stata appena dedicata. Il fondatore di Slow Food ha da una parte apprezzato il riconoscimento, dall’altro ha definito il Barolo istituzionale dell’Enoteca un «figlio illegittimo»: un vino che è frutto della terra (ma non si può sapere da quale collina provenga) e del lavoro di un produttore (anonimo anch’esso). «Penso che l’Enoteca debba mettersi d’accordo con i suoi produttori aderenti affinché il nome di chi ha vinto la selezione compaia in etichetta, perché il vino è sempre figlio di un territorio e di produttore». Ai posteri l’ardua sentenza.
